Recentemente abbiamo deciso di testare Slack all’interno della redazione di TopContributor.it, per approfondire meglio la conoscenza di questo prodotto e valutare se sia davvero in grado di offrire una comunicazione migliore rispetto alle email.
Il servizio in generale è davvero ottimo, ma come tutte le cose conta pregi e difetti, e al momento non rappresenta sicuramente una soluzione perfetta per tutti. In base al proprio modo di lavorare, comunque, ogni team potrebbe apprezzarne diverse funzioni e limitare, almeno in parte, la corrispondenza via email.
Ecco i risultati del nostro esperimento.
Cos’è Slack?
Per chi non conoscesse il servizio, Slack è un tool di collaborazione basato sull’idea delle chat room – definite canali – in cui i membri di un team possono discutere in tempo reale, condividere qualsiasi tipo di file e interagire in vari modi, sfruttando anche l’integrazione con servizi esterni.
I canali possono essere pubblici o privati, in questo modo gli amministratori possono decidere quali membri del team debbano avere accesso a determinate informazioni, e a quali discussioni possano prendere parte. Esistono inoltre le classiche chat 1:1 e di recente è stato introdotto anche il supporto alle videochiamate.
L’idea di base è di avere un canale per ogni progetto, categoria di discussione o dipartimento interno del team, in modo che ogni membro possa seguire solo le discussioni che gli interessano e ridurre così la quantità di notifiche e di informazioni da seguire.
All’interno dei canali, poi, le discussioni procedono in tempo reale in classico stile chat: a sinistra troviamo il menù laterale, con la lista dei canali e dei membri del team; al centro si sviluppa lo stream della chat con le risposte degli utenti; a destra, infine, troviamo un pannello laterale in cui vengono mostrati i dettagli del canale, tutti i file condivisi, le risposte messe in evidenza tramite pin, i membri aggiunti al canale e ancora le menzioni tramite tag (@utente), le risposte aggiunte ai propri preferiti (stella) e la barra di ricerca.
In pratica è una chat strutturata e ricca di funzioni, che permette di organizzare membri, conversazioni e file condivisi, cercando così di limitare le notifiche non pertinenti che causano solo distrazione. Il tutto senza rinunciare alla fluidità e alla semplicità delle chat, elementi fondamentali per mantenere lo scambio di informazioni efficiente e produttivo.
Ma è davvero questo il risultato che si ottiene?
Be less busy
Il motto di Slack è Be less busy, letteralmente “non essere troppo occupato” (o ancora meglio, “tieniti più libero”).
Il riferimento è a quel “regime di tirannia” che si sarebbe sviluppato con le email, portando un po’ tutti a dover controllare continuamente la ricezione di nuovi messaggi, 7 giorni su 7 (e nei casi estremi, anche 24 ore su 24).
Il servizio infatti è stato lanciato con l’idea di diventare l’email killer, ovvero di sostituire le email almeno come mezzo di comunicazione principale all’interno delle aziende, offrendo ai team un sistema ritenuto “più semplice, piacevole e produttivo”.
Lavorando intensamente con le email, infatti, ci si scontra inevitabilmente con una serie di problemi:
- L’organizzazione dei messaggi dipende dal singolo utente: se non si è pratici con la creazione di filtri ed etichette in Gmail, gestire una quantità elevata di email può diventare davvero difficile, rischiando così di perdere informazioni importanti.
- Le discussioni interne ai team si sviluppano spesso in stile chat, con continui botta e risposta a cui manca comunque l’immediatezza dei servizi di instant messaging.
- I file scambiati come allegati restano associati ai singoli messaggi e diventano spesso difficili da reperire, se non si esegue una ricerca avanzata.
- Lo stile della comunicazione tende ad essere più formale.
- Molte comunicazioni vengono erroneamente inviate a tutti i membri del team – se il mittente non è pratico con la gestione di gruppi di contatti e mailing list – e a questo si aggiungono spesso tutti i messaggi di risposta di chi usa erroneamente la funzione Rispondi a tutti.
Rispetto alla semplicità delle chat di gruppo, è evidente che le email richiedono un certo livello di formazione del personale, almeno quando usate intensamente e come mezzo di comunicazione principale all’interno di un team. Questa formazione specifica, purtroppo, spesso non viene impartita neanche all’interno di grandi aziende, e ogni membro può quindi mostrare un diverso livello di produttività.
Per contrastare questo scenario, Slack propone un ambiente unico per l’intero team, che vanta un’interfaccia semplice ed elegante, un’organizzazione univoca delle comunicazioni gestita dagli amministratori (i canali), l’immediatezza e lo stile informale delle chat, e funzioni quali tag, pin e condivisione dei file per organizzare tutte le informazioni e notificare in modo mirato solo le persone interessate.
Slack non è perfetto
No, Slack non è perfetto.
Se il servizio è nato realmente con l’idea di contrastare la tirannia delle email, pare non sia riuscito completamente nel suo intento.
Come spiegato da Mossberg nella sua rubrica settimanale pubblicata su The Verge, nel tentativo di sostituire le email e risolvere il problema, Slack ha di fatto instaurato un nuovo regime di tirannia che ruota intorno al proliferare di chat e canali. Se prima si ricevevano 100 email al giorno, adesso bisogna districarsi tra decine e decine di messaggi di botta e risposta, continuamente generati in uno stream apparentemente infinito.
Dalla padella alla brace.
Il problema di fondo è infatti la cosiddetta fear of missing out (FOMO), quella sensazione di timore, sviluppata dagli utenti, legata alla possibilità di perdere esperienze appaganti che magari altri amici stanno vivendo in un preciso momento. Siamo così portati a controllare continuamente le chat di gruppo, perché magari in quello stream senza sosta potrebbero nascondersi informazioni importanti o eventi divertenti, che senza un controllo costante rischieremmo di perdere.
Più grande è il gruppo e più aumenta il numero dei messaggi scambiati. Dopo poche ore o addirittura pochi minuti inizia a subentrare l’ansia e si perde concentrazione, e subito si viene spinti a controllare le varie applicazioni nel tentativo di tenersi aggiornati su tutto.
Se il team di Slack sperava di risolvere questo problema, al momento non ci è riuscito. Funzioni come Non disturbare e i tag per le notifiche dirette sono sicuramente un buon inizio, ma lo stile chat porta inevitabilmente ad un aumento esponenziale del numero dei messaggi scambiati, e la mancata organizzazione in thread (all’interno dei canali) genera flussi interminabili di messaggi, che per avere un senso si è costretti a leggerli interamente.
L’eleganza delle email
E così torniamo alle email.
Il problema della FOMO riguarda un po’ tutte le forme di comunicazione – e le email non sono di certo escluse – ma la comunicazione via email resta diversa.
Le chat riproducono conversazione in tempo reale, con scambio di messaggi brevi ma numerosi. Basta un attimo e decine di messaggi brevi, emoji e GIF animate si accumulano e riempiono lo stream.
Con le email invece è diverso. Se usate correttamente (leggasi: non come una chat), le email concedono agli utenti un dono prezioso: il tempo.
Tempo di riflettere sui contenuti mentre si compone il messaggio. Tempo per rileggere il messaggio prima di premere invio. Tempo per tornare ad apprezzare il piacere della comunicazione, lontani dai ritmi frenetici dell’instant messaging.
Oltre a questa natura intrinseca delle email, che se usate bene possono portare a comunicazioni con meno messaggi e più contenuti, servizi come Inbox cercano comunque di aiutare gli utenti a gestire meglio lo stress legato alla posta, portando avanti la filosofia “Inbox Zero“.
A differenza di Slack, inoltre, le conversazioni vengono raggruppate in thread, ed è quindi possibile tenere traccia di ogni singola discussione, senza fare confusione. L’organizzazione generale in Gmail deve naturalmente ruotare intorno a filtri ed etichette, e con un po’ di pratica – e continui aggiornamenti – si può ottimizzare sempre di più la propria posta elettronica.
Al posto dei classici allegati si possono utilizzare le cartelle condivise di Google Drive, e Inbox ha anche introdotto l’anteprima degli allegati nell’elenco email. Se i messaggi sembrano troppo formali, in Gmail possiamo aggiungere tutte le emoji che preferiamo, e se proprio abbiamo necessità di uno scambio di opinioni in tempo reale, non dimentichiamoci che Hangouts è integrato in Gmail e dispone anche di un client web dedicato, che ci permette conversazioni 1:1, chat di gruppo e videochiamate.
Non dimentichiamo, infatti, che uno dei punti di forza dei servizi Google è proprio l’integrazione di tutti i suoi servizi, offerti anche in versione aziendale tramite G Suite.
Conclusioni: Gmail o Slack?
A questo punto è chiaro che i due servizi offrono approcci diversi alla comunicazione tra team, e che ognuno può presentare pregi e difetti a seconda del team e dell’utilizzo specifico che se ne fa.
Slack è davvero un’email killer? A mio avviso, assolutamente no.
Le email restano un sistema di comunicazione potente ed universale, soprattutto se per email intendiamo di fatto Gmail.
Slack resta un ottimo servizio dalle enormi potenzialità, e se usato bene può sicuramente tornare utile nella gestione di progetti e nel brainstorming tra i membri del team, ma il suo utilizzo intensivo può aumentare i livelli di FOMO e generare un problema ancora più grande di quello che si sta cercando di risolvere.
Investendo un po’ in formazione, invece, si può insegnare al proprio team ad usare bene Gmail, Hangouts, Drive e tutti i servizi della suite Google, sfruttando al massimo la loro integrazione e ottenendo così il meglio di email e instant messaging.
Le esigenze, comunque, cambiano da azienda ad azienda, da team a team, e ognuno potrà sempre arrivare a preferire un servizio al posto dell’altro. L’unico modo per scoprirlo è provarli entrambi e lasciare che la scelta ricada spontaneamente su uno dei due. O magari su entrambi.