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Sono ormai anni che si parla della frequenza di rimbalzo, cosa mai vorrò spiegarvi di nuovo di questo parametro discusso in lungo e in largo? Quando si scrivono degli articoli, viene automatico scrivere delle novità dell’ultimo minuto, ma non questa volta.

Mi capita spesso, anche con webmaster in teoria esperti, di trovare siti con delle frequenze di rimbalzo elevatissime e sentirmi dire “ma è normale”. Per questo ho deciso di scrivere queste poche righe, nella speranza che più webmaster possibili le leggano e ne comprendano finalmente l’utilità.

Cos’è la frequenza di rimbalzo

È doveroso spiegare innanzitutto cos’è e come viene calcolata la frequenza di rimbalzo o Bounce Rate per gli anglofoni. Ho scoperto che molti non lo hanno ancora compreso. Dalla guida ufficiale di Analytics leggiamo alla pagina “Frequenza di rimbalzo” la definizione:

La frequenza di rimbalzo è la percentuale di sessioni di una sola pagina (ovvero le sessioni in cui gli utenti abbandonano il sito dalla pagina da cui sono entrati, senza interagirvi).

Spieghiamola in un modo forse più semplice partendo dal concetto rimbalzo.

Cos’è un rimbalzo? Un utente arriva sul nostro sito tramite una ricerca, oppure tramite un link. Guarda la pagina e poi abbandona il nostro sito senza visitare nessuna altra pagina. Ecco questo è un rimbalzo. Se su 100 utenti 60 fanno il rimbalzo, la frequenza di rimbalzo sarà del 60%, cioè 60 utenti su 100 hanno visitato una sola pagina del nostro sito.

Qual’è la frequenza di rimbalzo ottimale?

Questa domanda è ricorrente, ma dipende molto dal tipo di sito. Il grande guru di Analytics ed amico +Filippo Trocca (di cui consiglio l’ebook “Cross Domain Tracking Il tracciamento Multidominio con Google Universal Analytics“), dice che sopra il 90% sicuramente c’è qualcosa che non va, ma anche valori più bassi possono essere preoccupanti, ma come possiamo capire quando il valore è o meno preoccupante? Personalmente valori sopra il 35% li calcolo già preoccupanti, ma questo valore deve essere una frequenza di rimbalzo modificata (non standard). Qual’è la differenza? Non bruciamo le tappe… andiamo avanti a piccoli passetti.

Perché la frequenza di rimbalzo alta ci deve far preoccupare.

Se il nostro sito ha una frequenza alta (diciamo per ora sopra il 50%) c’è un po’ da preoccuparsi per il fatto che più della metà degli utenti sembra non sia interessato al nostro sito, visto che ne visita una sola pagina e poi lo abbandona. Ma se l’utente sta 20 minuti sulla pagina leggendosi per bene il nostro articolo, ha trovato quello che cercava, quindi abbandona il sito soddisfatto. Anche in questo caso però sarà calcolato un rimbalzo, quindi questa frequenza di rimbalzo è “falsata” di quegli utenti che pur essendo soddisfatti abbandonano il sito visitando una sola pagina.

La frequenza di rimbalzo modificata

Finalmente la soluzione. La frequenza di rimbalzo modificata, permette di eliminare i rimbalzi di quegli utenti che pur leggendo una sola nostra pagina, andrebbero calcolati come “soddisfatti”. Come? Beh… se mediamente un articolo deve avere almeno 300 parole, calcoliamo che per leggerlo tutto con attenzione ci vogliono alcuni minuti, ma personalmente dopo 30 secondi, calcolo che l’utente abbia comunque dato una attenzione particolare alla pagina, e quindi non debba essere calcolato come rimbalzo, anche se dopo questa pagina abbandonerà il nostro sito. Bene, la frequenza di rimbalzo modificata permette proprio di impostare un tempo dopo il quale il rimbalzo non sarà più calcolato.

Google terrà in considerazione il vecchio o il nuovo parametro?

Personalmente non ho letto documenti ufficiali che dicono che Google tiene conto di questo parametro, ma tutto è possibile. In questo caso Google terrà in considerazione il parametro modificato, perché è questo il valore che trova in Analytics.

Alcune volte mi è stato detto che la frequenza di rimbalzo modificata, migliora l’indice ma non il rimbalzo. Questo è vero in parte. A noi quello che interessa è sapere se l’utente che naviga nel sito è soddisfatto, per questo guardiamo la frequenza di rimbalzo. Che visiti una sola pagina o meno “poco importa”. Se oggi legge solo una pagina ed è soddisfatto, domani cliccherà più volentieri il nostro sito nelle serp e anche se rimbalza tutti i giorni, ma tutti i giorni legge un nuovo articolo e la sua fiducia nei nostro confronti aumenta, il nostro scopo è raggiunto.

Come implementare la frequenza di rimbalzo

Dopo tutte queste “chiacchiere” arriviamo finalmente a dire come implementare la frequenza di rimbalzo. La cosa è davvero molto semplice ed il tempo di implementazione non occupa più di cinque minuti di lavoro. E’ sufficiente inserire una riga nel codice Analytics presente in tutte le vostre pagine.

Se il vostro sito utilizza per qualche motivo ancora Google Analytics standard, inserite la riga setTimeout utilizzando la funzione _gaq.push

…..
_gaq.push([‘_trackPageview’]);
setTimeout(“_gaq.push([‘_trackEvent’, ’Piu di 30 secondi sulla pagina’, ‘read’])”,30000);
(function() {
….

se invece adoperate Google Analytics Universal, inserite la riga setTimeout utilizzando la funzione ga


ga(‘require’, ‘displayfeatures’);
setTimeout(“ga(‘send’, ‘event’, ‘read’, ’Piu di 30 secondi sulla pagina’);”,30000);
ga(‘send’, ‘pageview’);

Chiaramente quel 30000, indica i millisecondi dopo la quale la funzione setTimeout deve eseguire la funzione ga (che crea un evento che annulla il rimbalzo). Il parametro è personalizzabile a vostro gusto. Spero che le mie spiegazioni vi abbiano aiutato a comprendere meglio questo parametro ed a capirne l’importanza.

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