Possiedo un Chromebook da poco più di quattro anni. Mi ricordo perfettamente quando me lo regalarono, durante l’ultimo giorno del Google Top Contributor Summit a San Josè: era il 3 ottobre 2013.
Fino ad allora ne avevo solamente sentito parlare. Mi ero documentato parecchio, ma era praticamente impossibile vederne uno in Italia, tantomeno acquistarlo. Ero abituato ad utilizzare PC, desktop e laptop, con varie versioni di Windows e di Ubuntu. Non avevo mai usato un MacBook, anche se pensavo che prima o poi ne avrei provato uno. Insomma non avevo preclusioni nei confronti di alcun dispositivo. Anzi ero davvero molto curioso di provare per la prima volta un dispositivo con Google Chrome OS.
Quindi mi trovavo in California con il mio nuovo Chromebook: era un Samsung XE303C12-A01US. Per maggiori informazioni tecniche sul modello sì può vedere: Samsung ARM Chromebook – The Chromium Projects.
Quando tornai a casa cambiai semplicemente il cavo dell’alimentatore, che aveva la presa statunitense, con uno con presa italiana e iniziai ad utilizzarlo con sempre maggiore entusiasmo. Il cavo americano l’ho conservato e mi è tornato utile un paio d’anni più tardi. Quando sono stato invitato al Google Top Contributor Summit del 2015 a San Francisco ne ho approfittato per riportare il Chromebook negli USA.
Il Chromebook Samsung non era già allora un fulmine di guerra, ma con uno schermo LED HD di 11,6″ per un peso complessivo di circa 1,1 Kg è davvero un ultra portatile. Considerando anche che la batteria agli ioni di litio consente un utilizzo di oltre 6 ore. Utilizzandolo si capisce perfettamente come l’architettura ARM privilegi la durata rispetto alle prestazioni.
Ciononostante il processore Samsung Exynos 5 Dual a 1,7 GHz, con 1 MB di memoria cache, corredato da 2 GB di memoria DDR3L e 16 GB di spazio di memorizzazione eMMC, lo rendevano una perfetta “Internet Machine“, che adesso, a quattro anni di distanza, è un po’ rallentata. Ma, devo dire onestamente, che è invecchiato molto meglio dei PC Windows della stessa età.
La webcam integrata da 0,3 MP HD mi ha consentito di fare delle discrete video chiamate senza nessuna difficoltà di configurazione, tipicamente via Google Hangouts. Il problema più grosso in questi casi è la qualità del WiFi. E purtroppo nel nostro Paese non siamo ancora all’avanguardia. Non posso dimenticarmi le parole di tre anni fa di quel ministro, che non nominerò neppure, che rispose ad Eric Schmidt, presidente di Google, il quale faceva presente l’arretratezza delle nostre infrastrutture nazionali, che la nostra peculiarità era la storia medievale.
I due altoparlanti stereo da 1,5 Watt sono stati più che sufficienti per me, che tipicamente non ascolto musica mentre lavoro e c’è comunque anche il jack da 3,5″ per cuffiette e microfono, che non ho mai usato.
Non ho mai usato neppure la porta HDMI per collegare un monitor esterno perché gli 11,6″ non sono così piccoli, come inizialmente pensavo. Inoltre avendo un Chromecast collegato alla TV è molto più semplice e comodo trasmettere contenuti in streaming che collegare un cavo dal Chromebook al televisore.
Così come mi è capitato raramente di utilizzare lo slot per schede SD e le due porte USB, una 2.0 e una 3.0, per collegare dispositivi esterni. Anche se le porte USB sono indispensabili per inserire il mio token di sicurezza per la verifica in due passaggi, che uso sempre, in quanto per me la sicurezza deve essere sempre al massimo, ancor più sui dispositivi mobili o comunque portatili.
Devo dire che il difetto principale per un normale utente italiano è la tastiera americana senza le lettere accentate, che comunque per me non è mai stato un grosso problema, dato che normalmente scrivo senza guardare i tasti. Anche se capita a tutti di premere il tasto sbagliato, soprattutto quando si usano molte tastiere diverse durante la giornata, com’è proprio nel mio caso.
Ormai tengo il mio Chromebook nel comodino e spesso mi capita di accenderlo all’ultimo momento prima di andare a dormire, per leggere un articolo che ho messo in coda durante la giornata, dare un’ultima occhiata alla bozza di un messaggio email o al calendario.
Il Chromebook si accende in pochissimi secondi, circa 8 credo, e raramente lo trovo con la batteria scarica. Le dimensioni e la leggerezza mi permettono di utilizzarlo a letto come se fosse un tablet, ma con il vantaggio di avere una tastiera fisica e Google Chrome OS rispetto ad Android, anche se è sempre più chiara una certa convergenza tra i due sistemi operativi, data al momento, ad esempio, dalla possibilità di utilizzare il Google Play su alcuni Chromebook compatibili.
Tutti i miei documenti sono ormai in Google Drive, accessibili da tutti i miei dispositivi, sempre disponibili online e anche offline. Mi capita per lavoro di utilizzare dei file locali, ad esempio di Microsoft Excel, ma per l’uso personale ho convertito da anni tutti i miei file in documenti e fogli Google. Non sento alcuna necessità di avere la suite di Microsoft Office a casa e già prima di avere un Chromebook preferivo utilizzare gratuitamente la suite di LibreOffice.
Quando mi capita di portarmelo da qualche parte posso sempre contare sul tethering dal mio smartphone, che nel frattempo è un LG Nexus 5X. Capita abbastanza raramente, ma quando serve non ci sono problemi. Inoltre ho configurato Google Drive per sincronizzare i file offline e questo mi permette di leggere e scrivere i miei file anche quando mi trovo senza connessione mobile.
Non ho mai sentito la mancanza di un lettore, o di un masterizzatore, di DVD, per quanto un lettore USB si possa ovviamente collegare, ma non un masterizzatore. Neppure ho avuto l’esigenza di installare software specifici in locale. In questi anni poi molte delle attività che faccio si sono trasferite in cloud, come, ad esempio, il fotoritocco delle fotografie di famiglia che tengo in Google Foto. I video li carico su YouTube, in modalità privata, condivisi con i membri della famiglia che hanno un account Google. In questo modo non occupano nemmeno spazio nel mio Drive.
Mi è mancata inizialmente la possibilità di montare dei volumi con TrueCrypt, ma nel frattempo sono cambiate parecchie cose. I documenti che tenevo su una chiavetta USB cifrata con TrueCrypt ormai li ho portati in Google Drive. Per alcune password uso Google Smart Lock. Per altre informazioni uso la versione portable di KeePass, che tengo in una cartella di Google Drive, sincronizzata in locale su un PC Windows con il software di Backup e sincronizzazione di Google Drive. In questo modo dal PC Windows accedo al database di KeePass sincronizzato in locale, senza dover neppure installare KeePass, mentre dal Chromebook e anche dallo smartphone accedo al database di KeePass direttamente su Google Drive con KeeWeb.
Concludendo, dopo quattro anni, posso dire che poco per volta il Chromebook è diventato il mio dispositivo principale. Quello che accendo quando arrivo a casa. Quello che uso per navigare in Internet, leggere notizie, scrivere post, gestire la posta e il calendario. Quello che mi serve per controllare il registro elettronico di mio figlio. Quello che uso anche per trasmettere film alla TV. Ma davvero c’è ancora qualcuno che si scarica i film con µTorrent o simili?
Accendo il Chromebook. Inserisco la password del mio account Google. Inserisco il token di sicurezza in una porta USB, tocco il pulsante e sono operativo diciamo in una decina di secondi. Ovviamente mi collego ad una rete WiFi o alla rete condivisa in tethering dal mio smartphone.
Nel frattempo mio figlio ha iniziato le scuole medie e ha sempre più bisogno di accedere alla rete Internet per motivi scolastici, soprattutto per fare delle ricerche e anche perché come tutti i ragazzi della sua età è attratto dalla tecnologia e dalla rete, che è piena zeppa di ottime risorse, tutte da scoprire.
Qui le cose si sono via via complicate…
Premetto che il ragazzo, ad 11 anni, non ha, né ha mai avuto uno smartphone né un tablet, neppure un videogioco tutto suo. Ovviamente ha già usato in mia compagnia dispositivi Android e PC e ha usato dei PC Windows fin dalla scuola primaria. Altrettanto ovviamente non ha un account Google, che non si può attivare in Italia prima di aver compiuto 13 anni, in alcuni Paesi 14 e in altri addirittura 16 anni.
Dei Chromebook amministrati nei laboratori di informatica delle scuole sarebbero l’ideale. I Chromebook nascono proprio per questo, ma in attesa che si diffondano anche nelle scuole italiane vorrei provare a farlo utilizzare a mio figlio a casa, che è una cosa decisamente diversa.
Fin dall’inizio ho creato per mio figlio un profilo Chrome supervisionato e gli ho dato la sua password. Ormai, ad 11 anni, è assolutamente autonomo. Prende il Chromebook e lo mette sulla sua scrivania, se è scarico lo collega all’alimentatore. Purtroppo oggi è impossibile creare o modificare utenti supervisionati, ma fortunatamente gli utenti creati precedentemente sono ancora validi.
Mio figlio accende il Chromebook e si trova di fronte al mio account Google, di cui non conosce la password (e non possiede il token) e al suo profilo Chrome supervisionato, che è l’unico a cui può accedere. Con un Chromebook a differenza che con un PC Windows non si può usare un altro browser o aggirare il sistema di parental control. Qui si può solo accedere al proprio utente.
Per ovviare al problema della tastiera americana ho collegato una tastiera italiana USB esterna e anche un mouse. In questo modo può navigare e scrivere più agevolmente usando la tastiera italiana e il mouse invece del touchpad, che è un po’ più difficile da usare all’inizio.
Quali erano le particolarità degli utenti con profilo supervisionato?
Prima di tutto SafeSearch era attivato per impostazione predefinita. Il supervisore lo poteva disattivare per l’utente supervisionato, ma tenerlo attivato era il primo passo per evitare che inavvertitamente si presentassero contenuti non adatti al minore di 13 anni. La questione qui era solo ed esclusivamente tecnica, nel senso che il maggiore di 13 anni si poteva fare il proprio account Google e abilitare o disabilitare il SafeSearch come gli pareva, senza chiedere il permesso a nessuno.
Accedendo alla dashboard degli utenti supervisionati era possibile modificare le relative impostazioni, cambiare la password dell’utente e attivare le notifiche delle richieste per il supervisore. Oggi, purtroppo la dashboard è stata disabilitata e ancora non si sa con cosa Google deciderà di rimpiazzarla.
Si poteva consentire la navigazione all’intero Web o solo a specifici siti approvati, cosa che ovviamente consigliavo ed era in fondo il senso di tutto ciò.
In pratica quando l’utente supervisionato accedeva ad un nuovo sito gli compariva un pulsante per chiedere l’autorizzazione al suo supervisore.
L’utente supervisore riceveva una notifica, sia sui suoi dispositivi mobili sia via email di questo tipo:
Nella sezione “Comportamento” di ogni sito approvato si poteva decidere di consentire l’intero dominio, bloccare alcuni sotto domini o consentire solo quell’indirizzo specifico. Inoltre si poteva sempre sapere quali siti web erano stati visitati dall’utente con profilo supervisionato e quando.
Non sto dicendo ovviamente che questo potesse sostituire un controllo da parte di un genitore, però poteva sicuramente essere utile per capire come, quando e quanto venisse utilizzato il Chromebook e aggiustare certi comportamenti parlandone insieme. In generale credo che ogni genitore dovrebbe impostare limiti giornalieri per il tempo di utilizzo dei dispositivi tecnologici e stabilire quando è ora di giocare, dormire o fare altre attività parlandone con il proprio figlio, indipendentemente dagli strumenti tecnologici di parental control a disposizione.
L’utente con profilo supervisionato non poteva installare app ed estensioni, ma poteva usare il relativo sito web se esistente ed abilitato. Questo effettivamente poteva essere un bel problema per l’utilizzo specifico di un ragazzino, che voleva usare il Chromebook per scrivere dei compiti. Ad esempio non poteva installare l’estensione per lavorare offline con i documenti di Google Drive o l’estensione per usare Hangouts. Ma i profili supervisionati non consentivano neppure di accedere ad altri prodotti Google come Drive e Hangouts e quindi come si poteva fare a scrivere documenti anche online? La risposta dura e cruda è una sola: non si poteva.
Quindi a questo punto mio figlio poteva utilizzare il Chromebook solo per navigare sui siti autorizzati, ovviamente poteva chiedermi l’abilitazione a navigare su nuovi siti. Sapeva che tutta la sua cronologia era monitorata e quindi sapeva benissimo che non poteva usare il Chromebook la mattina prima di andare a scuola o di notte, ma sapeva anche che se l’avesse fatto me ne sarei accorto.
In attesa che anche in Italia sia disponibile il Google Family Link veramente non c’era molto altro che si potesse fare, ma era già qualcosa. Purtroppo oggi anche questo non è più possibile. Devo dire che Google questa volta mi ha davvero deluso moltissimo.
Proprio mentre revisionavo questo post, ai primi di gennaio, mi è arrivato un messaggio da Google che ha cambiato tutto quanto molto più rapidamente di quanto pensassi e mi ha costretto a riflettere un po’ prima di riprendere questo post:
Vedremo come ho affrontato questa novità, anche perché dopo alcuni mesi di esperienza con il vecchio Chromebook e, proprio pensando di poter utilizzare gli utenti supervisionati, mi ero deciso ed avevo acquistato un nuovo Chromebook tutto per mio figlio… [continua]