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La fine di Aranzulla

Tempo di lettura: 5 minuti

Non me ne voglia il buon vecchio Aranzulla se l’ho scelto come protagonista per il mio articolo. Calza perfettamente come esempio per descrivere l’epocale cambiamento che stiamo vivendo: la fine di vecchi punti di riferimento e l’inizio di un mondo tutto nuovo.

Chi, meglio di Aranzulla, ha saputo cogliere l’opportunità del web per creare articoli di larga diffusione? I suoi contenuti sono stati fondamentali per milioni di persone. Non fraintendetemi, Aranzulla non è per me il miglior riferimento per trovare informazioni, ma è l’emblema di una certa era di internet, un’era che però, a mio avviso, sta ormai scomparendo. In proiezione, possiamo dire che sia già finita.

La voglia di scrivere questo articolo nasce dalla percezione di uno tsunami in arrivo. Negli ultimi trent’anni, l’umanità ha lavorato senza sosta per riportare gran parte delle sue conoscenze online. Non penso solo ad Aranzulla ovviamente, ma anche a Wikipedia, ai forum di supporto tecnico, ai siti scientifici, ai corsi, ai blog, alle testate giornalistiche e tutti gli appassionati e autori di contenuti che si sono fatti in quattro per popolare internet delle più svariate informazioni.

Poi, all’improvviso, è arrivata l’AI. Un’AI funzionante, un cervello artificiale a tutti gli effetti, non nascondiamoci dietro un dito. Ora, tutto internet, tutto quello che abbiamo scritto, quasi tutto ciò che l’umanità conosce viene assimilato da questi cervelli durante il loro percorso di addestramento: ChatGPT 3.0, poi 3.5, Claude, Gemini, ChatGPT 4.0, Grok, LLaMA, e presto anche ChatGPT 5. Sono cervelli sempre più grandi, sempre più potenti che assimilano sempre più velocemente tutte le informazioni disponibili.

Quando uno di questi cervelli viene letteralmente fatto attraversare da quasi tutto internet, al suo interno rimane un concentrato micidiale di conoscenza. Di conseguenza, a mio avviso, internet, come lo conosciamo, non sarà più la nostra fonte primaria di sapere.

Facciamo un esempio semplice e pratico e immaginate di voler cercare una ricetta:

  • Metodo 1, quello tradizionale, cerco su Giallo Zafferano oppure su Google.
  • Metodo 2, chiedo all’AI.

Quest’ultima ha probabilmente letto tutte le ricette di Giallo Zafferano e di altre decine di siti specializzati, e non solo in italiano, ma anche in francese, tedesco, thailandese, brasiliano… in tutte le lingue, è stata ‘nutrita’ con contenuti che arrivano da ogni parte del mondo. Praticamente non ha rivali.

Mettiamo da parte il discorso di legittimità della gestione di questi dati, non sono in grado di valutarne le conseguenze legali dell’uso nelle AI di contenuti proprietari, ma posso immaginare che avremo una dinamica simile a quella avvenuta per Spotify: distribuzione, anche gratuita, di tutta la musica del mondo dopo aver versato un contributo sotto forma di royalty per gli autori.

Ma tralasciamo questo punto dando per scontato che in qualche modo questa tecnologia riesca a procedere sulla sua strada acquisendo tutte le informazioni di cui ha bisogno e concentriamoci sugli effetti pratici di questo cambiamento.

Non dimentichiamoci inoltre che l’AI non si limita a fare ricerche: potrei anche chiederle di darmi una ricetta con ingredienti specifici, che possa essere pronta in tot minuti e fatta con il microonde etc… Questo livello di personalizzazione è semplicemente irraggiungibile dal vecchio metodo di ricerca.

Vi chiedo: è plausibile che in futuro qualcuno continuerà a cercare una ricetta su internet tramite i motori di ricerca? Io dico di no!

Quindi, non è la fine di Aranzulla, è la fine di internet come lo conosciamo.

Se guardo il mio caso specifico posso dire di aver sostituito circa il 90% delle mie ricerche che facevo in precedenza tramite Google con richieste fatte all’AI. Nel mio primissimo articolo sull’AI di gennaio 2023 scrissi proprio che per anni mi ero chiesto quale motore di ricerca avrebbe potuto superare Google per poi capire che non sarebbe stato un motore di ricerca. Se pensate che questa cosa possa diffondersi dobbiamo considerare che quasi tutti i modelli di business di internet sono sostenuto dalla pubblicità, dagli ads, che, quando vengono letti dall’AI, non producono alcun guadagno. O forse alcuni di questi Ads vengon digeriti per poi essere rimescolati nelle risposte. Le aziende che basano il loro business sugli ads dovranno comunque adattarsi e cambiare.

Abbiamo cervelli artificiali che hanno imparato da internet e ora lo stanno sostituendo. Questo apre scenari futuri davvero particolari. Prima di tutto, i contenuti attuali sul web stanno diventando misti: creati in parte da umani e in parte da AI. L’AI si nutrirà dei suoi stessi contenuti. Ora forse sono una piccola percentuale, ma destinata a crescere. In breve, internet potrebbe essere composto per oltre il 50% da contenuti non direttamente umani, ma co-creati o interamente scritti da AI. Un processo inarrestabile. Come cambierà l’apprendimento dell’AI, sarà migliore, probabilmente i contenuti cresceranno esponenzialmente, ma non saranno più genuini come quelli attuali.

Cosa si salverà su internet? Probabilmente i social network e con tutta probabilità i video in tutte le loro forme. Purtroppo, anche i video brevi. Insieme a questi, conseguentemente sopravvivranno i contenuti pubblicitari ad essi collegati.

Dico sempre che l’AI non pensa, ma ragiona. Mi chiedo in questo momento se l’AI avrebbe potuto da sola scrivere questo articolo? Le AI che conosciamo rispondono alle nostre domande, lo fanno padroneggiando linguaggio e logica, ma non pensano. Forse, le aziende che possiedono questa tecnologia dovrebbero impegnarsi per fare in modo di creare un intelligenza artificiale in grado di avanzare nel pensiero, di autoalimentare i suoi stessi pensieri e non solo di rispondere alle nostre domande.

Cosa succederà in futuro? Difficile dirlo ed io per ora mi fermo qui.

Massimiliano

 

 

 

• Immagine di copertina creata con l’aiuto dell’AI
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